“L’ultimo giardino rinascimentale del 1900”, così ha definito La Scarzuola il famoso giornalista-scrittore della BBC Monty Don [1], grande esploratore e narratore di giardini in giro per il mondo.
Una definizione che può risultare per molti versi calzante per un luogo che, oltre ad essere un giardino è anche e soprattutto una sorta di città ideale, compendio fantasmagorico e allegorico del percorso artistico ed intellettuale e delle passioni architettoniche (da Villa Adriana, a Bomarzo, al Teatro olimpico di Vicenza, ai palazzi ducali di Sabbioneta e di Urbino, al Partenone fino al Palazzo ideale del Postino Cheval) artistiche (Arcimboldi, Escher) e filosofiche (esoteriche e massoniche) del suo ideatore, il famoso architetto Tomaso Buzzi che lo ideò e parzialmente realizzò in quasi trent’anni nelle adiacenze di un convento duecentesco fondato da San Francesco d’Assisi.
Il complesso, tutto del colore dorato della pietra di tufo, si rapporta, nella sua scenografica teatralità, in modo sorprendente con l’incantato paesaggio delle colline umbre che lo circonda.
Il visitatore viene guidato nell’itinerario di esplorazione di questo luogo magico, sorprendente, fantastico e sovraccarico di simboli, iscrizioni e messaggi in codice, dal nipote di Buzzi, Marco Solari, personaggio singolare in sintonia con il luogo e cicerone scanzonato e ironico che, a partire dalla morte dello zio nel 1981, ha raccolto il testimone dedicando la sua vita al completamento dell’opera sulla base dei disegni originari di Buzzi.
Il complesso si sviluppa dentro una spirale formata da una successione di pergolati e prima di giungere al suo centro si attraversa un giardino segreto boschivo che occupa gli spazi di quelli che erano gli orti dei frati, lungo un percorso costellato da tunnel vegetali, specchi d’acqua pieni di lenticchie acquatiche (Lemna minor) e di ninfee e circondato da una vegetazione lussureggiante di impronta naturalistica. Un bosco iniziatico ideato appositamente per nascondere alla vista la città ideale, luogo che nell’intento del suo ideatore non tutti devono vedere.
Suscita una forte emozione e quasi un senso di straniamento la vista dall’alto della cittadella – una sorta di acropoli circondata da mura su cui si apre una successione di porte e costituita da una varietà di edifici collegati tra loro da scale, gradinate, portici, loggiati e costellata da torrioni, statue, mostri dalle larghe fauci che rievocano quelli di Bomarzo, iscrizioni simboliche e motti cifrati e sovraccarica di riferimenti e citazioni.
Al centro il Teatro all’aperto – che inaugura la serie delle 7 scene teatrali che scandiscono l’itinerario da quello dell’Infinito a quello del Non-finito, a quello dell’acqua e delle api concludendosi nello splendido Teatro d’erba – con le gradinate inerbite e circondato da filari scapigliati di alti cipressi che sottolineano l’andamento verticale dell’asse che conduce dalla statua di Pegaso alato ma con i piedi in terra fino al grande anfiteatro di verzura. Un complesso architettonico tutto giocato sul tema del teatro declinato anch’esso, come tutta la città ideale, sul numero magico del sette. Teatro squisitamente di paesaggio che ripropone il fascino barocco di certi luoghi come l’isola Bella sul Lago Maggiore e che sa creare, in perfetta aderenza con i rilievi del terreno, un sapiente gioco di ombre e luci, che a mio avviso raggiungono apici di grande bellezza nel teatro d’erba dove le ombre proiettate dai tronchi dei cipressi si stagliano in maniera netta e mutevole sulle curve del terrapieno fiancheggiato dalla bella scalinata incorniciata da coppie di colonne e pilastri. Il modo migliore per godere delle suggestioni di questo luogo speciale è quello di abbandonarsi alle emozioni visive evitando la tentazione di decodificare a tutti i costi i molteplici simboli e le innumerevoli metafore rappresentate dal delirio creativo del suo inventore.
Scarzuola, Monte Gabbione
Scarzuola, Monte Gabbione
Scarzuola, Monte Gabbione
Scarzuola, Monte Gabbione
Scarzuola, Monte Gabbione
[1] Autore della trasmissione trasmessa dalla rete televisiva inglese “Around the world in 80 gardens”, dalla quaale è stato tratto l’omonimo libro pubblicato nel 2008 e il DVD.
Un’altra brutta notizia che riguarda il verde di questa nostra infelice cittò: l’Amministrazione comunale ha respinto la richiesta di proroga della convenzione con Italia nostra per la gestione del Bosco in città. In realtà non c’è nessun buon motivo che giustifichi questa decisione se pensiamo che il Bosco in città, grazie al ruolo e all’impegno di Italia nostra da oltre tre decenni, è un fiore all’occhiello non solo tra i parchi urbani di Milano ma rappresenta una realtà nota e apprezzata a livello internazionale.
Invito tutti quelli che hanno a cuore il verde della nostra città a firmare la petizione online sul sito http://www.greg.it/bosco_in_citta/
Intervista trasmessa su Radio 3 a Fharheneit il 23 dicembre 2010
Paolo D’Angelo, docente di Estetica all’Università Roma 3, ha appena pubblicato il saggio “Filosofia del paesaggio” presso l’editore Quodlibet. Le tesi esposte nel suo libro e più in generale le relazioni tra estetica e paesaggio sono state l’oggetto di una interessante chiacchierata radiofonica.
Mi sembra interessante riprendere qui brevemente alcuni passaggi dell’intervista che meglio si prestano a ulteriori riflessioni e approfondimenti.
Le ragioni dell’ambiente e quelle del paesaggio
Il termine “ambiente”, oggi divenuto quasi onnipresente, è venuto alla ribalta a partire dagli anni ’60 e spesso è stato impropriamente utilizzato come sinonimo di paesaggio ingenerando non pochi problemi concettuali e contraddizioni (è curioso che l’istituzione italiana che per eccellenza è nata per la protezione delle bellezze naturali si chiami FAI, Fondo Ambiente).
Un esempio per tutti le pale eoliche, utili dal punto di vista ambientale in quanto produttrici di una energia pulita alternativa alle tradizionali risorse energetiche, ma che possono provocare, specie nel nostro contesto, forti devastazioni dal punto di vista paesaggistico. Ma anche gli impianti fotovoltaici possono procurare danni se usati su larga scala nella misura in cui distolgono vaste zone di territorio dagli impieghi agricoli. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a due esigenze contrapposte. Non si può lasciare il singolo (ad esempio l’agricoltore che ha un evidente vantaggio economico ad abbandonare l’uso agricolo-produttivo del proprio territorio a favore di una tecnologia molto più redditizia) a sostenere tutto il peso della scelta. Vanno tenute presenti due cose: l’agricoltura può contribuire molto al mantenimento di un paesaggio e di un ambiente sano e quindi anche bello; non bisogna limitarsi a fare calcoli a breve termine perché nel medio-lungo periodo la salvaguardia del paesaggio diventa proficua anche dal punto di vista economico (una per tutte le ricadute sul turismo).
Ambiente e paesaggio possono essere due formidabili alleati: un paesaggio bello dal punto di vista estetico è anche ecologicamente sano e utile per chi vi abita.
La funzione del mondo agricolo nella tutela del paesaggio va incrementata sia a livello nazionale che europeo.
Un’ultima considerazione riguarda poi il fatto che spesso le decisioni prese a livello strettamente locale ingenerano distorsioni, mentre quelle prese a una certa distanza risultano più equilibrate: un esempio riguarda il fatto che in molti casi la tutela di certi luoghi naturali riceve il supporto non tanto degli abitanti della zona ma da coloro che hanno scelto questi luoghi come mete di svago (vedi il Monte di Portofino).
L’invenzione del paesaggio come esperienza estetica
Il modo nuovo di guardare siti naturali nasce con l’umanesimo. Il primo a introdurre una contemplazione della natura fine a se stessa è Petrarca che sale sul Monte Ventoso, intraprendendo una escursione in un luogo impervio solo per vedere come appare un paesaggio, al di là di ogni utilità, come pura e semplice esperienza estetica.
Il paesaggio non è immobile e uno dei suoi più grandi nemici è la concezione museale.
I paesaggi cambiano continuamente nel tempo anche per il sopraggiungere di nuove essenze e di nuove colture (vedi i cipressi toscani portati solo in epoca romana o la trasformazione dei paesaggi mediterranei con la comparsa dei fichi d’India e degli agrumi); l’importante è il mantenimento della natura del luogo e della sua identità.
La legislazione italiana
Noi abbiamo un’antica e articolata tradizione legislativa in materia di tutela del paesaggio (i capisaldi la legge del1922 ispirata da Benedetto Croce, la legge del 1947 del Min. Bottai, l’articolo 9 della Costituzione che detta un legame molto stretto tra paesaggio e patrimonio artistico, il Codice dei Beni culturali e del Paesaggio). Ma il problema è la troppa dispersione di competenze tra organismi con una frammentazione che produce lentezza nel processo decisionale e incoerenze.
Un motivo che può ispirare una composizione di erbacee perenni è quello della verticalità scegliendo essenze per la loro altezza: le spighe slanciate di Veronicastrum associate ora con Veronica (Foto 36) ora con Nepeta ‘Giant Hill’ (Foto 36 bis).
Un’altra interessante erbacea che dà un accento verticale a un bordo misto è Macleya cordata dalle belle infiorescenze brunite e dalle foglie che ricordano quelle della vite, che si combina bene con Eremurus (Foto 37, giardino di Houghton Hall nel Norfolk) o con i carciofi utilizzati come essenza ornamentale (Foto 38, Bishop Garden a Norwich) o, ancora, con la scabiosa (Foto 39 sempre a Houghton Hall).
La digitale è molto adatta a questo scopo e Beth Chatto la propone in un felice abbinamento con Thalictrum luteum (Foto 40). La bella e sottile Verbena bonariense può essere utilizzata per dare un accento di verticalità e si associa bene con la leggerezza del Foeniculum (Foto 41). Infine una graminacea leggera come Molinia caerulea si sposa molto bene con Salvia uliginosa (Chaumont, Foto 42).
036 Veronicastrum e nepeta Somerleyton Hall Norfolk
Un accostamento felice è quello che associa due colori complementari quali il giallo e il blu: euforbia ed Eryngium (Foto 24), oppure euforbia e Geranium (Foto 25) o ancora Hebe e Sisyrinchium (Giardino di Beth Chatto, Foto 25 bis).
Nel giardino estivo è facile giocare su composizioni di diverse sfumature di giallo: Lysimachia, Thalictrum, Fresia, Achillea ed Euphorbia (Giardino di Hoveton Hall nel Norfolk, Foto 26), oppure Solidago, Sisyrinchium e Achillea (Foto 27, giardino di Blicking Hall nel Norfolk) o ancora un gioco di giallo delle dalie e del finocchio con piccole punteggiature di viola di Verbena bonariensis (Foto 28).
Un altro quadro cromatico molto bello è quello che declina tonalità di viola: Persicaria e Knautia (Foto 29) o Cotinus coggyria e Hydrangea serrata ‘Preziosa’ (Foto 29 bis, giardino privato a Dublino), o ancora Cotinus, lupino e Knautia (Foto 30), o infine una bella e inconsueta erbacea perenne come Cerinthe con la centaurea (Foto 30 bis). Piet Oudolf propone nel suo giardino un accostamento di una varietà ornamentale di finocchio, Foeniculum ‘Giant bronze”, con Allium e Persicaria (Foto 30 ter).
Anche giallo e rosa se ben accostati risultano una combinazione felice: nel giardino della paesaggista olandese Mien Ruys Astrantia ‘Rubi Glow’ è proposta in abbinamento con Lysimachia puntata (Foto 31); bella l’associazione di Allium e Sisyrinchium (Foto 32, giardino privato nel Norfolk); forte e scenografico il connubio tra Euphorbia griffithi ‘Fireglow’ e Rudbechia (Buga 2005, Foto 33).
Infine una composizione molto raffinata e sobria è quella che vede il bianco come colore dominante: Centranthus ruber ‘Alba’ ed euforbia (Foto 34 Parc Hauteurs, Lione), o Cosmos ‘Purity’ e Cleome spinosa, abbinamento al centro del progetto “Sillons chantez”, Lausanne jardins edizione 2009, Foto 35).
024 Euphorbia ed Eryngium
025 Euphorbia e Geranium
025 bis Hebe e Sisyrinchium
026 Lysicmachia, Achillea, Thalictrum, Euphorbia e Fresia
027 Solidago, Sisyrinchium e Achillea
028 Verbena bonariensis, finocchio e dalie
029 Persicaria e Knautia
029 bis Hydrangea preziosa e Cotinus
030 Lupinus e Cotinus
030 bis Centaurea e Cerinthe
030 ter Foeniculum Giant bronze, Allium e Persicaria
031 Astrantia major Rubi glow e Lysimachia punctata
Un vecchio muro di mattoni rossi può essere la quinta si cui si staglia una composizione molto vivace: nell’ornamental garden di Alnwick un grande esemplare di Ceanothus concha dialoga perfettamente con Geranium ‘Johnson Blue’ e una siepe di tasso (Foto 18); sempre sullo sfondo rosso spiccano i bei portasemi piumosi di una clematide associata con Lippa citriodora dalle foglie intensamente profumate di limone (Giardino di Houghton Hall, Norfolk, Foto 19). Sempre uno sfondo rosso di mattoni è accentuato dal porpora del Cotinus coggirya qui stupendamente accostato all’acanto (Plantation garden, Norwich, Foto 20). In un’altra composizione, colta al Cambridge Botanical Garden, un Cotinus purpureo fa da sfondo al bel cespuglio di rose dal color salmone in primo piano (Foto 21). Una imponente parete di tasso offre uno splendido sfondo per gli slanciati Eremurus dal colore giallo brillante (giardino di Houghton Hall nel Norfolk, Foto 22); ancora una quinta di tasso nella sua variante aurea offre uno sfondo per i fiori così architettonici dell’acanto (West Dean gardens, Foto 23). Infine una macchia di nepeta dai fiori azzurro brillante si staglia molto bene sullo sfondo di Delphinium blu intenso (giardino della residenza reale di Sandringham nel Norfolk, Foto 23 bis).
018 Ceanothus concha, Geranium Johnson Blue e Taxus baccata
Le foglie, spesso nel giardino d’ombra, hanno forme, colori e tessiture talmente interessanti e intriganti da non richiedere l’aggiunta di altri elementi ornamentali; si tratta di giocare sul contrasto tra dimensioni, trame e sfumature cromatiche che rendano equilibrato e armonioso il quadro d’insieme. Un bell’esempio di composizione è quello proposto da un paesaggista olandese nel suo giardino con hosta, euforbie, ligularia e felci (Foto 10); un’altra combinazione efficace è quella di Begonia evansiana con Asplenium scolopendrum e evonimo variegato (Euonymus fortunei ‘Emerald gaiety’, Foto 11). Molto semplice e tipica del sottobosco la composizione proposta nel suo giardino boschivo dalla paesaggista-giardiniera Beth Chatto di Pulmonaria, Brunnera e Fragaria (Foto 12). Suggestiva e scenografica la combinazione di hosta dalle differenti sfumature con Veratrum che si trova nell’woodland garden di Charles Jencks in Scozia (Foto 13). Una composizione dove il verde sfuma nel giallo acido è quella che associa una perenne dalle belle foglie che ricordano quelle della vite, Kirengeshoma palmata, con euforbia (Giardino di Bressingham nel Norfolk, Foto 14). Un accostamento riuscito è quello di una erbacea dalle grandi foglie carnose come Ligularia con un’essenza dalle foglie delicatamente frastagliate come Astilbe (Parco botanico di Terranostra nelle isole Azzorre, Foto 15). Il colore candido della splendida ortensia ‘Annabelle’ risulta accentuato se si colloca l’arbusto su un letto di carex variegato (Foto 16). Infine un quadro semplice e raffinato è quello proposto nel Jardin de cinque sens a Yvoire con macchie di rose bianche coprisuolo alternate a gruppi di Festuca glauca (Foto 17).
010 Hosta, Euphorbia, Ligularia e felce
011 Begonia evansiana, Campanula e Asplenium
012 Pulmonaria "Sissinghurst White", Brunnera e Fragaria
Nonostante le suggestioni offerte dal paesaggio dei nostri laghi, di rado si assiste a interventi progettuali che sappiano coniugare la valorizzazione del contesto naturale con le esigenze di fruizione e di godimento del pubblico degli abitanti e dei turisti. Il neonato Parco delle chiatte inaugurato a fine luglio a Paratico, comune in provincia di Brescia, costituisce una felice eccezione e un modello di politica di gestione del territorio lacustre e di marketing culturale che può essere di esempio per altre amministrazioni.
Frutto del felice incontro di un amministratore locale lungimirante e appassionato, il Vicesindaco Carlo Tengattini con la paesaggista Cristina Mazzucchelli, il Parco si caratterizza come un originale tributo allo spendido paesaggio lacustre e alla memoria industriale del lago d’Iseo.
Suddiviso in stanze che si susseguono senza soluzione di continuità e che interpretano ciascuna una differente espressione delle tante anime del luogo, il parco è attraversato longitudinalmente da due camminamenti, composti da una originale combinazione di pietra luserna con porfido rosso, che ricalcano la traiettoria dei vecchi binari del treno.
Il progetto coniuga felicemente materiali semplici che rievocano le suggestive tracce di archeologia industriale con una composizione vegetale di stile informale e naturalistico che mescola graminacee dalle sagome fluttuanti, erbacee perenni dalle generose fioriture, filari di vite maritati con rose dal delicato profumo. La ricchezza delle scelte botaniche è ispirata dall’ esigenza di rendere interessante e prezioso lo spazio verde durante tutto l’anno con un’alternarsi di fioriture e di altri elementi ornamentali lungo il corso delle stagioni.
Il percorso, che si snoda attraversando lo spazio delle grandi vasche rialzate di ferro arrugginito ricche di essenze fiorite, il giardino di ghiaia dominato dalle graminacee, i pergolati di vite americana con le rose, si conclude nella stanza protagonista dove campeggiano due vasche bordate di pietra luserna popolate da ninfee bianche a riproporre in miniatura i quadri offerti dal lago lungo le sue sponde. A ombreggiare le diverse zone del parco, oltre all’unico grande platano esistente, sono state scelte alcune essenze arboree selezionate per il loro valore ornamentale (Magnolia soulangeana, Koelreuteria paniculata, Salix matsudana ‘Tortuosa aurea’, Acer griseum), il loro carattere naturale (piccoli meli da fiore, peri piramidali,Tilia cordata, Fraxinus ornus) e collocate in modo da non nascondere le viste sullo splendido panorama lacustre.
Per consentire una piacevole sosta nei diversi angoli del parco sono state collocate panche dal design contemporaneo: semplici parallelepipedi composti da legno lamellare e ferro che nello spazio centrale del parco sono accompagnate da un grosso tavolo circolare dello stesso materiale.
In molti giardini di stile campestre o informale è interessante puntare su composizioni di stile naturalistico che volutamente traggono ispirazione da ambienti naturali.
Un esempio molto diffuso in Inghilterra è quello dell’utilizzo di grandi macchie di Hyacinthoides non scripta (la cosiddetta english bluebell) che possono essere giocate abbinando, in un felice accostamento la varietà azzurra e quella rosea (Foto 1); un’altra combinazione interessante è quella di Campanula persicifolia bianca e blu con aquilegia e digitale (Foto 2, Knockcre garden, Dublino). Nella regione dei laghi in Inghilterra si trova una composizione spontanea molto bella costituita da grandi masse di felci punteggiate da alte digitali (Foto 3). Alle isole Azzorre si possono vedere, ormai naturalizzate, grandi distese di ortensie, che grazie alle caratteristiche del suolo sono di un blu brillante, associate con agapanti e crocosmie rosse (Foto 4).
A volte può essere interessante utilizzare, contenendole in alcuni spazi del giardino, delle erbacee infestanti e associarle con essenze di tipo molto naturale: è il caso di questa composizione di Phitolacca americana con Centranthus ruber vista nel giardino di Somerleyton Hall nel Norfolk (Foto 5). Le graminacee sono una essenza che si presta in modo particolare a dare un accento informale e naturalistico alle composizioni: un accostamento molto riuscito è quello di Pennisetum alopecuroides e sedum (Foto 6) oppure di Miscanthus e Verbena bonariense (Foto 7), o ancora quello proposto dal vivaista-paesaggista Piet Oudolf davanti alla sua abitazione con ciuffi di Stipa tenuissima e Verbascum che spuntano in maniera volutamente casuale dalla pavimentazione (Foto 8). Anche l’euforbia ha la caratteristica di dare un tocco di naturalezza e può essere interessante associarla con Verbena bonariense, come in una composizione vista in un giardino privato nel Norfolk (Foto 9).