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Il blog di Laura Pirovano: appunti di viaggio, segnalazioni di giardini, proposte di plant design

Un bosco verticale di Federica Raggio

Ecco un nuovo contributo di Federica Raggio che ci racconta della sua visita agli straordinari affreschi di Villa Livia a Roma, una sorta di bosco verticale ante litteram

Milano presto avrà il suo, un’idea architettonicamente audace, paesaggisticamente molto impegnativa da mantenere ” comme il faut”, con un senso di abbandono già in agguato. Ahimè sono scettica, perché nella mia città si fatica a gestire il verde naturalmente orizzontale. Quello volutamente e artificialmente verticale mi dà serie preoccupazioni, ma spero di venire presto smentita. Non è, però, su questo bosco che ho intenzione di soffermare le mie divagazioni.
L’oggetto delle mie attenzioni è il boschetto verticale più in voga nella Roma imperiale; l’illusorio giardino-paradiso che troviamo chez Livia, moglie del primo imperatore Ottaviano Augusto, nel ninfeo sotterraneo della villa, collocata dagli antichi al miglio X della via Flaminia ora all’incrocio con la Tiberina, all’altezza di Prima Porta, nella prima periferia romana. Non sono stata invitata per un dejeuner sur l’herbe, e neppure per un flûte di bollicine al calar del sole. Sono capitata un po’ per caso, e come può succedere con gli autoinviti, mi sono dovuta metter in tasca la prima grande sorpresa. Non sapevo che gli affreschi si trovano chez Maxime, al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, zona Termini, pieno centro città. Accolta dal custode, sono stata accompagnata tra le rovine del sito archeologico in compagnia dalla gatta Mimì che ci apriva la strada.
La signora Livia scelse per la sua villa con complesso termale, situazione di poggio per godersi uno scenario al top, anche se ora la fantasia deve sudare parecchio per sfrangiare dalla vista tutto quello che i 20 e passa secoli di vita hanno costruito in quei dintorni, panorama inquinato da alcuni punti di – ei fu – belvedere. Ma, salita sul poggetto e lasciata la borgata alle spalle, si staglia la potenza del luogo, scelto da colui che fondò l’Impero romano e la magia compare netta e improvvisa assieme al gentile e zelante custode che cura la Villa. Quel giorno ero io sola.
“…a Livia Drusilla…un’aquila lasciò cadere dall’alto in grembo…una gallina di straordinario candore che teneva nel becco un ramo di alloro con le sue bacche. Gli aruspici ingiunsero di allevare il volatile e la sua prole, di piantare il ramo e custodirlo religiosamente.
Questo fu fatto nella villa dei Cesari che domina il fiume Tevere presso il IX miglio della Via Flaminia, che perciò è chiamata alle Galline; e ne nacque prodigiosamente un boschetto.” (Plin. nat. XV, 136-137). Gli imperatori raccoglievano in quel bosco i ramoscelli da tenere in mano durante le battaglie. La stanza ipogea esiste ancora ma il “giardino” è stato sostituito da una copia fotografica 1:1 di scadentissima qualità. L’intera area archeologica è poveramente gestita per mancanza di fondi, ma amorevolmente curata dal custode che fa anche da guida e racconta le antiche gesta di Augusto fondatore dell’Impero romano.
Quello che invece si trova a Palazzo Massimo, toglie il respiro. È l’affresco parietale di pitture di giardino romane più antiche mai trovare, databili alla prima età imperiale 40-20 a.C. Il luogo è raffigurato con grande dovizia di particolari e tutte le 23 specie riconosciute, fioriscono contemporaneamente, come in un’unica lunga stagione. Il primo piano è definito da una recinzione di canne e rami di salice intrecciato. In questa fascia sono riconoscibili pino domestico (Pinus pinea), quercia (Quercus robur) e abete rosso (Picea excelsa). Il secondo piano, posto oltre la balaustra di marmo, definisce lo spazio del boschetto frutteto dove si possono identificare melo cotogno (Cydonia oblunga), melograno (Punica granatum), mirto (Myrtus coniugalis), oleandro (Nerium olenader) palma da dattero (Phoenix dactylifera), corbezzolo (Arbutus unedo), viburno (Viburnum tinus), leccio (Quercus ilex), bosso (Buxus sempervirens), cipresso (Cupressus sempervirens), edera (hedera sp), acanto (Acanthus mollis), scolopendria comune (Asplenium scolopendrium), camomilla fetida (Anthemis cotula), crisantemo coronario (Chrysanthemum coronarium), papavero da oppio (Papaver somniferum), rosa centifoglia (Rosa x centifoglia), viola selvatica (Viola canina), iris (Iris sp). A posteriori, però, la mia ignoranza ha regalato la sorpresa più gradita; perché l’aver visitato i resti della villa prima di trovarmi di fronte agli affreschi, è stata la sventura che mi ha permesso di assaporare il contesto d’origine, poter imprimere nella memoria odori, suoni, colori e orizzonti prima di trovarmi di fronte alla meraviglia in gabbia, chiusa in una stanza di museo.
Stando tra le quattro mura che ospitano l’affresco, ho avuto la percezione di poter ripescare a memoria l’odore di terra bagnata dalla pioggia di dicembre, ho sentito la compagnia dei merli e della gatta Mimì che si aggira sorniona e di compagnia tra le rovine.
Info: Orario di apertura del sito archeologico a Prima Porta: Da lunedì a venerdì aperto solo su richiesta. Prenotazioni: Tel. e fax: 0633626826. Ingresso gratuito.
Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, Largo di Villa Peretti, 1, Mar-dom ore 9.00 – 19.45. Biglietto intero: € 7,00

Ecco alcune immagini:

Papavero e gabbia per uccelli

Villa di Livia nicchia con Pinus pinea, sfondo completo di quasi tutte le essenze elencate

Cotogno

Melograno e crisantemo

Corbezzolo, cotogno, palma

Quercia, oleandro, cotogno, rosa, camomilla, crisantemo

Corbezzolo

La micia Mimì si aggira tra le stanze della Villa

Stanze verso il giardino

 

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Giardini in viaggio Laura Pirovano