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Il blog di Laura Pirovano: appunti di viaggio, segnalazioni di giardini, proposte di plant design

Premio internazionale Scarpa per il giardino 2016. XXVII Edizione

Fioritura di Malus sieversii

Le foreste dei meli selvatici del Tien Shan: il paesaggio premiato in questa edizione.

Il 17 marzo si è svolta presso la Triennale di Milano la conferenza stampa di presentazione del premio Scarpa 2016 con gli interventi di Giuseppe Barbera (Università di Palermo), Catherine Peix (Associazione Alma Parigi), Luigi Latini (Presidente Comitato scientifico Fondazione Benetton) e Patrizia Boschiero (coordinamento attività Premio Scarpa).

Dal Comunicato stampa

“Il Comitato scientifico della Fondazione Benetton Studi Ricerche ha deciso, all’unanimità, di dedicare la XXVII edizione del Premio Internazionale Carlo Scarpa per il Giardino alle Foreste dei meli selvatici del Tien Shan, in Kazakistan. Nell’Asia centrale, sparsi lungo il versante settentrionale della catena montuosa del Tien Shan, rimangono frammenti dell’immensa e antica foresta che milioni di anni fa, nel Terziario, faceva crescere al suo interno decine di specie che sono all’origine dei frutti che accompagnano la storia dell’uomo. Dall’ovest della Cina, attraverso il nord di Kirghizistan e Uz­bekistan, fino al sud del Kazakistan, predominano in questi luoghi i meli selvatici, con un’evidenza tale nel paesaggio da dare il nome all’antica capitale del Kazakistan, Almaty, cioè “luogo delle mele”.
I più antichi precursori del melo vi arrivarono probabilmente con semi trasportati da uccelli in volo dalla Cina, portandovi una variabilità che la diversità ambientale del Tien Shan ha a sua volta incrementato, mostrando ancora oggi, nonostante millenni di disboscamenti e incendi, soprattutto per dare spazio all’agricoltura, una straordinaria biodiversità, espressa da forme, dimensioni, sapori, colori, altezze e portamenti degli alberi: un giacimento genetico di interesse incommensurabile, che nessuna forma di biotecnologia può avvicinare. Il melo selvatico del Kazakistan ha un nome: Malus sieversii, dal botanico Johann Sievers, che per primo lo descrisse, alla fine del XVIII secolo. Tra montagne che raggiungono i 7.000 metri, profonde valli, altipiani e versanti variamente esposti con climi estremi per temperature e umidità, la diversità rappresentata da questo frutto si manifesta con caratteri propri secondo le regioni interessate.
Queste sono le foreste che più hanno destato l’attenzione di Aymak Djangaliev (1913-2009), che tra il 1930 e il 1990 si è dedicato per primo allo studio della popolazione kazaka di Malus sieversii e alla sua salvaguardia. Dal 2010 l’associazione Alma – per opera soprattutto di Catherine Peix e Tatiana Salova, vedova dello scienziato – è impegnata per sensibilizzare il governo locale e la comunità internazionale, per diffondere la conoscenza e preservare le foreste dei meli selvatici e la memoria di Aymak Djangaliev.

Giuseppe Barbera: ha sottolineato il valore simbolico e la duplicità di significato del melo, sia simbolo di conoscenza che di tentazione. I paesaggi dei meleti sono cambiati ed oggi gli alberi da altezze di 10 metri sono stati ridotti ad altezze di poco superiori al metro: si parla di “Frutteti pedonabili”. Oggi i territori della produzione intensiva del Trentino Alto Adige soffrono di gravi problemi di inquinamento sia del suolo che dell’aria per l’uso intensivo di pesticidi e diserbanti, il paesaggio è mutato e domina la plastica! Non bisogna dimenticare il punto di partenza costituito dalla grande biodiversità e ricchezza genetica dei meli del Kasakistan.

Catherine Peix: una foresta di meli è esattamente come l’umanità, ricca di differenze. I meli, infatti, avendo una riproduzione sessuata, non si autofecondano e i figli sono differenti geneticamente dai loro genitori: ecco la ragione di tanta preziosa biodiversità, espressa da forme, dimensioni, sapori, colori e altezze degli alberi. Alcuni dei meli delle foreste del Kazakistan hanno dimostrato una forte resistenza alle malattie e per questo motivo sarebbe importante poter lavorare su queste varietà come alternativa ai meleti industriali che a partire dagli anni ’50 del 1900 sono  stati sviluppati dalla mela “Golden” e dai suoi discendenti, con frutti grandi e dolci, ma non immuni alle malattie. Le foreste del Kazakistan sono un immenso e prezioso serbatoio genetico che occorre preservare sia per il loro valore di laboratorio della vita che per le loro qualità estetiche.

Luigi Latini: sottolinea il significato del Premio Scarpa che non dà medaglie a singoli individui ma premia luoghi e paesaggi di frontiera, come il caso del 2015 de La Favara di Palermo, ciò che resta della Conca d’oro in una periferia urbana densa di conflittualità. Si tratta allora di individuare i luoghi in cui si esprime un modo diverso di coltivare il mondo in un paesaggio di conflitti che può trasformarsi in un germe di progettualità per il futuro dell’umanità. Il premio 2016 coniuga cultura e natura. Latini sottolinea poi come il percorso di individuazione dei paesaggi da premiare sia fatto non a tavolino ma sul campo, una ricerca itinerante attraverso sopralluoghi.

Carta geografica del Kazakistan

Mappa principali foreste dei meli selvatici

Massiccio del Djungarsky

Due esemplari di Malus sieversii

Mele sieversii fucsia

Biodiversità di Malus-sieversii

Aymak Djangaliev e guardie-forestali spedizione nella riserva dello-Zailiysky

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Giardini in viaggio Laura Pirovano